TESTO DI RIFERIMENTO: Gv 2 – Le nozze di Cana
Lo stile altamente simbolico del Vangelo di Giovanni ci indica che ciò che esso cela è molto più di quanto dice; è necessaria attenzione per perforare/interpretare il segno (miracolo) per trovare il significato. Opportunamente l’evangelista definisce “segni” quelli che noi, magari un po’ sbrigativamente, conosciamo e leggiamo come miracoli, cioè come degli eventi che sfidano la fisica e la natura, vincendole. Non che questo non accada, naturalmente, tuttavia la scelta del quarto evangelista di definirli “segni”, ci offre una preziosa pista di lettura. Quando noi parliamo di “segno” cosa intendiamo? Il segno è una realtà che ne significa una ulteriore e non sottoposta i sensi. Il segno è alla portata dei nostri sensi, il significato, no. Facciamo un esempio: nel giorno del loro anniversario il marito regala alla moglie il classico mazzo di rose rosse. Cosa significa quel mazzo di fiori in quella specifica circostanza? Affetto, amore, gratitudine…; è evidente che le rose non sono l’amore, ma lo significano, rendono accessibile il sentimento che attraverso le rose il marito intende manifestare. Le rose sono il significante, l’amore è il significato, questi due elementi insieme costituiscono il senso e il fine del segno.
Qual’è, dunque, il significato di questo evento/segno del mutamento in vino dell’acqua a Cana di Galilea, operato dal Signore?
La cornice delle nozze. Nella festa nuziale c’erano dei ruoli ben definiti affinchè la festa potesse riuscire nel migliore dei modi. Il ruolo dello sposo era quello di pensare al vino per gli invitati. Il fatto che il vino fosse terminato con la festa ancora in corso non solo getta un’ombra sullo sposo, ma fornisce anche il pretesto per la rivelazione del Signore. Maria si rende conto della situazione e fa subito riferimento al Figlio.
Ma prima di entrare nella questione della richiesta di Maria è interessante e fondamentale notare che ella ci è presentata in una duplice prospettiva:
– Come è vista Maria dall’evangelista?
– Come è vista Maria dal Figlio?
Per uno è la Madre di Gesù, per l’altro è la Donna. Siamo di fronte a qualcosa di straordinario che ci rivela il cambio di parentela che Gesù desidera: “Mio fratello, mio padre, mia madre sono quelli che ascoltano la mia parola e la vivono”. Tra Maria e il Signore c’è una nuova e inedita parentela: quella della fede. A partire dalla sua fede Maria insiste, comanda: Qualsiasi cosa vi dica, fatela/ fate tutto quello che vi dirà. La Madre ottiene di portare in tavola un vino nuovo, di qualità assolutamente superiore, ottenuto dall’acqua delle abluzioni. Dunque, se lo sposo è colui che procura il vino per le nozze, abbiamo uno sposo nuovo: Gesù è lo Sposo. Chi sarà la Sposa? La vera Sposa ha una nuova identità. Non è più il popolo di Israele che si è ormai formalizzato in una relazione insapore, senza gioia e fredda, con il suo Dio, come l’acqua nelle giare di pietra; un nuovo popolo, una nuzialità nuova: la Chiesa che nasce dai servi, che hanno obbedito a Maria facendo quanto Gesù aveva comandato, dai discepoli che con la Madre hanno assistito al segno.
Mi sono sempre chiesto se questo invito della Madre/Donna, rivolto ai servi, valesse solo per quel preciso momento, in quel villaggio, durante quell’evento, oppure se fosse possibile estenderlo anche ad altri momenti della vita del Signore coi suoi discepoli. E allora la memoria va cercando tra i molti fatti di vita di Gesù quelli che risplendono in primo piano alla luce di queste parole della Vergine Maria. Il più importante di questi è avvenuto in una camera alta di Gerusalemme per la Cena pasquale durante la quale il Signore, volontariamente, si offre quale Agnello di una nuova alleanza. Cambiano i termini dell’alleanza, cambiano le parole. Gesù sta operando un passaggio che non passa inosservato: un silenzio gravido di sorpresa, di stupore e di attesa, deve essere sceso sui discepoli quella sera.
Una Nuova Alleanza; ma sebbene nuova, essa richiede l’impegno dei due contraenti.
Cosa chiede il Signore ai discepoli come controparte nel Nuovo Patto? Comanda loro: FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
Non ci sembri poco quanto il Signore chiede ai discepoli e a noi, oggi, naturalmente. Ci chiede, infatti, non solo di ripetere parole e gesti in sua memoria, ma di avere in noi, quando facciamo questo, i suoi stessi sentimenti e intenzioni. Infatti, in S. Giovanni, alla sera della Cena, che conosciamo come quella della Lavanda dei piedi, Gesù afferma: “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io, facciate anche voi”. Queste parole seguono immediatamente il gesto di servizio del Signore verso i suoi. È come se ci dicesse che la Celebrazione del suo mistero Pasquale che non sia all’interno di una vita di carità, di reciproco servizio, rimane sterile, e, anzi, risulta essere una testimonianza negativa verso il mondo e ipocrita all’interno della vita ecclesiale.
Maria ci dice di eseguire ciò che Gesù ci dice di fare, e Gesù comanda di celebrare un memoriale del suo Mistero Pasquale.
Ma perché dovremmo obbedire a questo comando? Se ci fosse oggi un’apparizione e la Madonna ci dicesse le stesse parole che pronunciò a Cana ma, riferite al Giovedì Santo, che significato acquisterebbero per noi?
Dialogo dell’anima che cerca l’incontro col suo Signore.
Il primo sentimento che colgo nel tuo comando, o Signore si lega alla tua intenzione: “Ricordatemi così. Ricordatevi di me facendo questo. Io sono in questi gesti e parole che voi ripetete”; ma perché? “Perché sono risorto e sono con voi sempre. Ho scelto un gesto d’amore per compiere la promessa che vi ho fatto di essere nella vostra vita tutti i giorni fino alla loro pienezza con me.Ma, allora, non dobbiamo temere la morte? Nulla potrà mai separarvi dal mio amore, nemmeno la morte, perché chi mangia di me vive per me. C’è un solo pane vivo disceso dal cielo che il Padre vi ha donato, SONO IO. Questo significa che tu sei con noi e noi siamo in te quando celebriamo l’Eucaristia? Io sono con voi sempre, anche ora che vi vedo radunati nel mio nome perfare memoriale della mia Pasqua. Il pane che diventerà la mia Presenza tra voi è fatto da tanti chicchi che erano sparsi sulle colline nelle loro spighe; così voi che eravate nelle vostre case e ora siete qui siete come l’ostia: un corpo solo con me, unito in una comunione non umana ma divina; il vino, che diventa il mio Sangue, nel calice riceve poche gocce d’acqua che siete voi. Non vi spaventi la vostra pochezza o fragilità perchè nel momento che, come gocce, entrate nel vino, nessuno può più distinguervi, ma soprattutto, nessuno può più separarvi da me. In questo modo siete già nella vita eterna e quando il sacerdote presenta al Padre pane e vino perchè diventino me in mezzo a voi, anche voi siete presentati al Padre che ama in voi ciò che ha amato in me.
S. Agostino discorso 272.
“Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: Amen e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: Il Corpo di Cristo, e tu rispondi: Amen. Sii membro del Corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen”.
Ogni autentica devozione alla Madre del Signore, percorre la strada dell’obbedienza alla Parola e accoglie volentieri l’invito della Madre della Chiesa a compiere tutto quello che il Figlio ci esorta/comanda a fare. Perché chi mangia la sua carne e beve il suo sangue ha la vita eterna e sarà risuscitato nell’ultimo giorno.
Redazione: don Claudio Boldini
Fonte presentata da: Diacono Vittorio Cotelli